Si intende per diagnosi prenatale invasiva l'insieme delle procedure diagnostiche idonee a prelevare tessuti embrio-fetali o annessiali per la diagnosi prenatale delle anomalie cromosomiche (indicazione più frequente) oppure di patologie congenite (beta-talassemia, fibrosi cistica, ecc.) oppure per la ricerca di agenti infettivi o per la valutazione di parametri ematologici fetali in alcune patologie della gravidanza.
Sottoporsi o meno alla diagnosi prenatale invasiva è una scelta della donna.
E' opportuno che prima di effettuare tale scelta, la donna sia stata informata dal medico/ostetrica curante:
In caso di patologie genetiche (beta-talassemia, fibrosi cistica, patologie X-linked, ecc.) è necessario effettuare prima una consulenza genetica.
Le tecniche di diagnosi prenatale invasiva attualmente utilizzate sono:
La scelta della tecnica dipende dall'indicazione, dall'epoca di esecuzione del prelievo, dalla specifica esperienza dell'operatore e del laboratorio di riferimento, dalla preferenza della donna dettagliatamente informata.
L'amniocentesi ed il prelievo dei villi coriali hanno lo stesso rischio aggiuntivo di aborto (cosiddetto "rischio legato alla procedura") che è di circa 1%.
Qualora il prelievo dei villi coriali sia di difficile esecuzione (utero retroverso, presenza di miomi, ecc.) è da preferire l'amniocentesi.
Il medico che deve effettuare il prelievo valuta, insieme alla donna, quale sia la metodica migliore per il singolo caso.
Prima di sottoporsi all'esame la donna sarà invitata a firmare il consenso informato.